Al di là del valore simbolico che possiamo attribuire ad un suono, in base alla nostra cultura e alla nostra esperienza personale, esistono alcuni modelli sonori che hanno caratteristiche originarie, primitive. Si tratta prevalentemente delle voci della natura: i suoni degli elementi, come la pioggia, il vento, il tuono, ma anche il vasto repertorio di suoni non articolati presenti nel regno animale e in quello umano. La principale differenza tra il linguaggio umano e quello animale è che l’uomo usa un linguaggio verbale permesso dallo sviluppo dall’area celebrale della neocorteccia. Tramite le parole (simbolo prima sonoro, poi grafico), è possibile comunicare accurate descrizioni, speculazioni intellettuali e fantasiose astrazioni, che possono essere completamente separate dalla realtà oggettiva.
L’uomo però, anche se in modo generalmente represso,
condivide con i mammiferi la principale caratteristica del loro linguaggio
vocale, ossia la capacità di comunicare direttamente le emozioni; frutto del cervello limbico questo linguaggio
esclude la separazione tra il soggetto che percepisce o comunica e l’oggetto
percepito o comunicato.
Un ringhio minaccioso, un mugolio lamentoso, un grido di
richiamo, sono alcuni tra i tanti versi animali che fanno parte dell’eredità
ancestrale di ogni essere umano, ognuno di questi suoni veicola un messaggio
chiaro e universale che, andando ben oltre il retaggio culturale e suoi
condizionamenti, arriva a contattare memorie cellulari connesse al regno
dell’inconscio, stimolando forti reazioni emotive, istintive e automatiche.
Il suono del respiro e il battito del cuore, portano quell’informazione di protezione
acquisita nel periodo prenatale, capace di placare il neonato che attira la
madre con il suono del suo pianto disperato. Allo stesso modo in qualunque
parte del mondo si può distinguere un urlo di dolore da un urlo di rabbia, o
incontrare il suono di una risata ad accompagnare l’allegria e il divertimento
delle persone. Persino le esclamazioni, siano esse di dolore, di piacere,
stupore, esultanza, paura, hanno suoni
comuni in ogni popolo della terra e utilizzano sovente le stesse vocali; cosi
anche nel tono della voce parlata, quando questa fluisce in modo naturale e non
è manipolata, emerge fedelmente lo stato
emotivo del momento, rivelando incertezza, timore, disprezzo, entusiasmo,
provocazione, affetto, etc.
Il potere paralizzante del grido e del clamore sonoro, ha
fatto si che questi rientrassero nelle strategie di combattimento di quasi
tutti i popoli del passato, sia nel corpo a corpo che nell’orda.
In Giappone il grido del guerriero divenne un’arte
specifica, il kiai (da ki “spirito, energia” e ai “unire”), che emesso con forza dal
centro dell’addome (hara) con
un’esatta integrazione delle qualità sonore, ha il potere di uccidere
l’avversario o defletterne l’attacco, ma anche di guarire.
Le voci delle
emozioni, indissolubilmente legate alla struttura organica e alle cavità risonanti in
cui si generano, appartengono dunque ad un linguaggio archetipico, che unisce
ogni suono e le sue qualità, al moto interiore che le contraddistingue,
permettendone l’espressione nel mondo esterno.
“Nessuna voce parla più all'uomo, oggi, venendo
da pietre, piante o animali, né l'uomo si rivolge ad essi convinto che
lo possano udire”. C.G.
Jung
Le voci delle emozioni possono essere definite come dei veri
e propri risuonatori dei nostri umori, questo significa che
se a un’emozione corrisponde un tipo di suono/voce, ad un suono/voce
corrisponde un tipo di emozione; si tratta di un semplice principio che si
rivela però efficace nonostante la complessità delle possibili combinazioni di
sentimenti umani.
L’uso della voce e dei suoni come strumenti terapeutici ha
radici antichissime diffuse in tutto il mondo; la figura preminente che da
sempre ha utilizzato e utilizza la connessione presente tra gli stati di
coscienza e il suono, il ritmo e il canto, è lo sciamano; guaritore, saggio ma
anche mago, visionario, divinatore e artista, ha rappresentato dagli albori
tribali l’intermediario con il mondo dello spirito.
- Sciamano mongolo con
tamburo e campanelli

Gli sciamani dell’Amazzonia peruviana intonano cantando,
bisbigliando o fischiando, delle melodie magiche chiamate icaros che, ricevute in
stato di trance dagli spiriti, vengono usate per caricare energeticamente
persone, animali, piante o oggetti inanimati, col proposito di ottenere o
influenzare un risultato. In Siberia invece il canto serve a ricordare allo
sciamano la propria identità e il proprio potere, afferma le sue abilità e lo
annuncia agli spiriti.
Nelle pratiche Taoiste vengono usati precisi suoni, chiamati
i sei soffi di guarigione, per la purificazione dei dodici meridiani
energetici associati a organi e visceri nella Medicina Tradizionale Cinese. Si
tratta di sei differenti suoni che, emessi lievemente durante determinati
esercizi fisici, producono una vibrazione risonante nel meridiano energetico associato.
I sacerdoti Egizi usavano la naturale progressione armonica
del canto vocalico nelle loro cerimonie; difatti nella sequenza U - O (chiusa) –
O (aperta) – A – E (aperta) – E (chiusa) - I
si generano naturalmente armoniche della stessa nota fondamentale con
frequenza sempre più alta.
E’ nella regione di
Tuva in Mongolia che si trovano le più antiche tracce di uno straordinario
stile vocale, il khoomii, un complesso sistema di tecniche oggi noto
come canto armonico o overtone singing,
dove tramite un raffinato controllo delle cavità orali vengono prodotti e
modulati due distinti suoni contemporaneamente (cioè su una nota fondamentale
fissa, vengono emesse sequenze di singoli armonici); queste tecniche provocano
in chi le ascolta, ma soprattutto in chi le esegue, una profonda catarsi,
dovuta alla concentrazione richiesta e alla bellezza stupefacente
dell’effetto ricreato, tanto naturale da apparire innaturale, ma soprattutto alle acute frequenze prodotte (impossibili da generare come fondamentali, ossia dalle corde vocali) che per effetto dell risonanza mettono in vibrazione la scatola cranica e la neocorteccia celebrale generando una notevole ricarica della stessa, che viene sperimentata dal praticante come un luminoso vuoto mentale.
Il canto degli
armonici, riveste una
parte importante tra le tecniche di canto terapeutico in quanto espressione di una naturale struttura armonica presente nell'uomo; è ampliamente usato
nello yoga gel suono, che tra l'altro contempla e approfondisce anche l'utilizzo dei mantra (dal
sanscrito “pensiero che agisce, che protegge o che libera la mente”).
I mantra nascono come formule devozionali, protettive o
invocative nei culti vedici dellIndia; devono essere ripetuti più volte e possono essere
cantati, mormorati o recitati mentalmente, tradizionalmente esprimono al
massimo la loro forza nella pronuncia mentale (ahanata nada o suono non udibile). La sillaba sacra sanscrita OM
è il mantra più noto e importante, rappresenta l'atto creativo all'origine dell'universo, l'esistenza totale, sia empirica
che trascendentale e rivela tre aspetti nell'esatta pronuncia A-U-M che deve
essere correttamente eseguita anche in termini d'intonazione e respirazione.
Il canto è il linguaggio evocativo dello spirito in tutti i popoli che hanno mantenuto un rapporto vitale con la Madre Terra; è anche il principale supporto alla trasmissione orale delle tradizioni, proprio perché incide i suoi invisibili tratti nelle profondità delle memorie cellulari, restando strettamente legato alle immagini e ai sentimenti ad esso associati. Invocazioni, canti di medicina e di potere, ninne nanne, ma anche filastrocche e inni di battaglia, danno vita a veri e propri archivi canori di memoria.
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