lunedì 11 marzo 2013

MEDITAZIONI SONORE: Bagni di suono, mantra e silenzio


 


Quello della meditazione è un tema vastissimo che si ritrova, seppur sviluppato diversamente, in tutte le culture del pianeta. Si può forse dire che esistono molti modi di fare meditazione, ma che tutti debbono convergere in uno stesso punto affinchè si possano definire come tali..... il punto in questione è l'essere, a cui si può giungere tramite l'osservazione priva di giudizio e interpretazione; una condizione di pace dove non occorre fare niente e che non mira a nessun particolare scopo che non sia il semplice stare, l'essere presenti, fluire col flusso, lasciando che la nostra natura più intima e profonda, la nostra essenza vitale e cosciente possa emergere spontaneamente.

Talvolta nella meditazione vengono adottati dei mezzi di sostegno affinché l'attenzione del praticante possa essere focalizzata su un unico punto o oggetto (ekagrata nella tradizione yogica); tra i più diffusi mezzi di sostegno troviamo il respiro (l'attenzione si "aggancia" al costante percorso dell'aria nel corpo), la visualizzazione di simboli o immagini sacre e il suono, che può essere emesso dal praticante (mantra, canti o vocalizzi) o semplicemente ascoltato.

Sulla meditazione in generale si trovano numerose e approfondite informazioni sia sul web che nei libri, e cosa più importante, chiunque sia sinceramente interessato può facilmente accedere a incontri o corsi dove praticare con maestri o insegnanti esperti.
Per questo approfondiremo qui l'utilizzo del suono come mezzo di sostegno alla meditazione.

Come già accennato ci sono diversi modi di usare i suoni nella meditazione, introdurre una meditazione con il suono di una campana tibetana armonica è un metodo molto efficace di pulizia del pensiero, inoltre, quando il suono si estingue lo fà in modo molto lento e accompagna l'attenzione nel silenzio che segue. In ogni caso sarà determinate la qualità dell'osservazione, (che in questo caso è più appropriato chiamare ascolto). Non si tratta di portare l'attenzione in ciò che entra nelle nostre orecchie, l'ascolto si rivolge su sé stessi, sui moti energetici e sulle risonanze interiori che il suono genera. Difatti, in una condizione di quiete e ricettività, sia recitando un mantra, sia cantando una vocale o sequenze di vocali, sia ascoltando certi suoni mono-toni particolarmente ricchi di armonici, si possono abbastanza facilmente identificare, le numerose risonanze all'interno del corpo.
La risonanza è un fenomeno fisico e metafisico imprescindibile; tutto nell'universo vibra e ogni vibrazione stimola ed è stimolata da altre vibrazioni; si può affermare che l'universo è un'infinito oceano vibrante che si autoconosce e autoalimenta per mezzo dalle risonanze.
Tali risonanze sono uno dei presupposti principali delle terapie sonore, ma non solo, è sulla nostra capacità di risonanza a livelli sottili (che comprendono la sfera psicoemotiva) che si fonda il piacere che proviamo nell'ascolto della musica.

Nella pratica meditativa si tende a limitare al minimo la stimolazione sensoriale e quindi l'attività mentale, infatti l'utilizzo di suoni durante o prima di una sessione ha lo scopo di annullare il flusso dei pensieri per la naturale capacità della vibrazione acustica di catalizzare la mente, aiutando il praticante a dissolvere i confini che apparentemente separano l'interno dall'esterno.



Durante un bagno sonoro con le campane tibetane ad esempio, una volta superato lo scalino dell'ascolto "auricolare" (che comprende il giudizio mentale di ciò che si ascolta), ci si trova totalmente immersi e compenetrati dalle vibrazioni sonore, dall'ascolto dei suoni si giunge all'ascolto di sé, all'osservazione dello spazio interiore, dove l'attenzione viaggia, accompagnata e guidata dai suoni, permettendo una maggiore comprensione di sé, delle proprie capacità e dei limiti che ne impediscono l'esprimersi.
Questo accade anche nella recitazione dei mantra, (dal sanscrito man = mente e tras = che libera o che purifica) dove la continua ripetizione di una formula (sia parlata che cantata) permette di spostare gradualmente l'attenzione delle parole pronunciate e di penetrare sempre più in profondità nelle qualità vibratorie del suono. Spesso un mantra (kirtan) tradizionale già nel suo significato letterale indica una direzione, un'assetto interiore, evocando uno specifico stato si coscienza, ma esistono moltissimi mantra (bija) dall'alto valore simbolico e con specifiche caratteristiche vibratorie.


Come tutte le pratiche anche la meditazione richiede esercizio e costanza, in questo caso l'esercizio sta nel non fare, nel concedersi la stasi, nel sincero riconoscersi. In questo esercizio il suono può essere un valido alleato perchè ci parla con un linguaggio universale e arcaico che và a contattare direttamente quell'intima "parte" di noi, quell'inviolabile essenza capace di comprenderne ogni sfumatura.

 Nello yoga del suono (nada yoga) si parla di ahata nada come suono udibile (ahata = percosso, colpito) e di anahata nada come suono non udible, che include, oltre a tutte le frequenze che superano lo spettro uditivo dell'uomo, le vibrazioni del pensiero e quindi le recitazioni mentali, fino a giungere all'ascolto del suono che comprende tutti i suoni... il silenzio.


Il suono in sé è solo una sensazione, un fenomeno elettrico legato all'orecchio, al sistema nervoso centrale e al metabolismo celebrale; ma la vibrazione (da cui origina la sensazione di suono) è l'essenza stessa del cosmo, è alla base di ogni moto energetico e meditare sul suono in quanto vibrazione equivale ad osservare il segreto dell'universo e scoprirlo in sé.



  

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